di Cristina Balma-Tivola
“Avete passato la vita a non alzare il sedere dal divano,
e ora che dovete stare in casa siete diventati tutti Vasco de Gama?”
(battuta che girava online questa primavera)
“Camminare” v. intr. [derivato di cammino, dall’ipotetica voce del latino parlato camminus, di origine celtica, XIII sec.]
Definizione: andare a piedi da un punto a un altro.
Guardo con silenziosa comprensione la prima immagine che ci è pervenuta: un paio di stivali di gomma, presumibilmente indossati dalla proprietaria al momento dello scatto, che si appoggiano sul tronco di un pino inquadrato dal basso. Lei, che non è visibile all’interno della fotografia, è una cara amica che non vedo ormai da 25 anni. In Svezia non c’è stato lockdown, ma la mia amica ha fatto lo stesso attenzione al proprio comportamento, e si è concessa più che altro di percorrere spazi naturali, vivendo in un’area abbastanza isolata: “I miei stivali di gomma sono importanti per me. Mi permettono di arrampicarmi nei boschi e di respirare l’aria fresca con qualsiasi condizione atmosferica. Rinvigoriscono sia il corpo che l’anima”.
Distanti nello spazio da tempo, evidentemente non lo siamo nel sentire.
Camminare è uno degli atti fondamentali coi quali l’essere umano si situa nel mondo, secondo quella postura eretta permanente che lo distingue dagli altri animali. Pare che camminare a passo sostenuto anche solo mezz’ora al giorno, percorrendo così poco meno di 3km, sia la migliore medicina per il cuore e per il corpo in generale, una medicina che permette l’esercizio della percezione sensoriale (attraverso vista, udito, olfatto) e di cui in molti affermano d’aver bisogno tanto per migliorare il proprio umore, quando per pensare meglio (tanto che tale pratica è divenuta addirittura fondamentale nella scuola filosofica detta appunto ‘peripatetica’).
Sull’atto del camminare vi è poi una bibliografia infinita che qualsiasi viaggiatore – e il vero viaggiatore si muove a piedi – conosce, e che include titoli come Le Vie dei Canti di Bruce Chatwin, Sentieri nel ghiaccio di Werner Herzog, Camminare di Henry David Thoreau, Il mondo a piedi di David Le Breton. Un nuovo territorio lo si fa proprio costruendosi punti di riferimento originali (come scrive Franco La Cecla in Perdersi e in Mente locale), improvvisando itinerari attraverso il lancio d’una moneta ai bivii o inseguendo magari un colore in ogni forma si presenti allo sguardo (come proponevano i situazionisti) – strategie giocose che costruiscono il percorso man mano che l’individuo lo compie.
Comprensibile, quindi, che per la mostra online siano arrivate anche immagini di scarpe estive e invernali accompagnate da riflessioni interrogative su quando il loro proprietario avrebbe potuto muoversi di nuovo, o di scarpe da ginnastica usate per simulare in casa quelle camminate che fuori non si potevano fare.
Come antropologa, accanto alla necessità del momento non ho potuto non vedere in questa decisione di confinamento, perseguita quasi con un perverso piacere di controllo, anche un riflesso di quella contrapposizione tra sedentari e nomadi che da sempre divide l’esistenza umana in due modelli per lo più contrapposti e inconciliabili, proprio perché corrispondenti a due visioni del mondo e delle relazioni opposte. In questo senso, il lockdown è stato anche, purtroppo, un banco di prova sulla possibilità e sulle strategie per la restrizione della libertà personale, rispetto alle quali potrebbe ora essere necessario esercitare riflessioni utili oggi per evitare un domani strenue resistenze.
“La nostra natura consiste nel movimento”, scriveva Chatwin, riportando il bellissimo esempio dall’Africa centrale dei neonati che, assicurati da fasce al corpo della madre, smettevano di piangere al ritmo oscilatorio della camminata di quest’ultima. Speriamo allora che abbiano ragione i Maori, che usano la medesima parola – haere – per indicare il ‘camminare’ e il ‘cambiare per il meglio’.
E, finché nuovamente possiamo, indossiamo le scarpe più comode, fischiettiamo qualcuno di questi motivetti, e andiamo a fare i Vasco de Gama della situazione anche solo a zonzo per il quartiere.
Ché come esseri umani, di fatto, pur se in misura diversa davvero lo siamo un po’ tutti…